SUBLIME
through Iceland
Chiunque visiti l’Islanda avverte prima o poi una sensazione profonda che credo possa far capire cosa sia il Sublime. Si studia perlopiù al liceo “il Sublime”, tramite la filosofia e la storia dell’arte in una fase della vita alla quale ancora mancano nel ventaglio delle esperienze tardo adolescenziali, quelle più raffinate come appunto la percezione del Sublime.
Sublime è una parola composta, derivante dal latino sublimis cioè sub-, “sotto”, e limen, “soglia”; quindi sublime è “ciò che è al limite” o “che giunge fin sotto la soglia più alta”.
Di tutto ciò l’Islanda è costellata, la sua stessa posizione geografica la pone al limite delle condizioni per l’esistenza umana per buona parte dell’anno, una vera terra di vulcani e ghiacci la cui vista riesce a produrre la più forte emozione che l’animo sia capace di sentire, suscita al tempo stesso attrazione e timore. L’ Islanda fa percepire intensamente all’uomo di appartenere alla terra ma, mostrandosi nelle sue dure asperità, impone una certa distanza. Attrae con sconfinati paesaggi, balene, orche, luminosi cieli stellati, foche, gabbiani, pulcinelle di mare, cascate, arcobaleni e respinge con impetuosi geyser, vulcani attivi, ghiacciai in movimento, freddi forti venti, turbolenti corsi d’acqua, immensi spazi vuoti, abitanti chiusi nella loro malinconia forse dettata dall’isolamento o forse dai lunghi periodi di buio. Le terre d’ Islanda sono realmente “la manifestazione del bello e del grande nel suo più alto grado” e lasciano nel visitatore una sensazione di sproporzione incolmabile tra le possibilità dell’uomo, piccolo e finito e quella natura stupefacente vasta ed infinita alla quale solo i Vichinghi, forse, sono riusciti a paragonarsi.